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Primi effetti della nuova PAC
Obiettivo primario dei piccoli produttori: riorganizzarsi

La nuova PAC ha già cominciato a produrre notevoli cambiamenti. Due in particolare richiamano la nostra attenzione perché sono destinati a produrre effetti che si riverberano sui produttori agricoli e, per taluni aspetti, sulla nostra stessa associazione. Entrambi si connettono. Il premio comunitario viene ora riconosciuto, con l'esclusione davvero di pochi soggetti, agli "agricoltori attivi" purché possiedano un terreno agricolo da cui derivi un contributo almeno di 250 Euro (che tra due anni passerà a 350 Euro). A prescindere da cosa vi si coltivi.
Il nuovo limite minimo ha già ridotto la platea degli aventi diritto di un buon 30-35%. I produttori agricoli che non si sono adeguati, trovando i giusti modi per meglio organizzarsi, sono stati spazzati via. Le loro lagnanze non sono da considerare e poco si giustificano giacché le modalità di riorganizzarsi ci sono: chi lo ha fatto potrà avere anche una prospettiva. Chi ha desistito deve sapere che la dimensione limitata della terra può non essere un handicap se riesce a trasformare l'handicap in opportunità, trovando modi e forme organizzative per mettersi insieme ad altri. E qui entra in campo l'altro tema. Il disaccoppiamento totale dell'aiuto comunitario. Ormai è chiaro a tutti che la nuova PAC lascia poche risorse alle colture accoppiate. E anche coloro che avevano preferito vedersi riconoscere il contributo ancorato alla produzione stanno rivedendo l'iniziale scelta.
Tutto ciò dunque è destinato a mutare atteggiamenti e scelte produttive. Mi spiego. Riconoscere l'aiuto comunitario del primo pilastro della PAC senza tenere conto di ciò che si produce in campo, mette in evidenza due altri fattori che da ora in poi andranno meglio ponderati: il mercato da una parte e dall'altra le possibilità di finanziamento che derivano dal secondo pilastro ovvero dai PSR e, dunque, dalle scelte strategiche che ciascuna regione metterà in atto. Cosicché i piccoli produttori agricoli potranno continuare a produrre "a prescindere" da tali scelte solo se si orienteranno all'autoconsumo. Se, invece, punteranno a incrementare il proprio reddito, dovranno dotarsi di capacità relazionali per dialogare con il potere politico regionale ed entrare nelle logiche del mercato, sia anche quello locale o di prossimità, nel contesto dell'agricoltura civica e dell'economia solidale.
In ogni caso il problema di "cosa produco quest'anno" non potrà più essere deciso in solitudine dall'agricoltore ma, entrando in gioco altri soggetti, bisognerà cambiare mentalità e comportamenti. "Vasto programma" avrebbe detto de Gaulle, ma non c'è alternativa al dialogo e alla riorganizzazione del modello produttivo, che chiama in causa anche noi, come Associazione, per definire la programmazione produttiva in ordine agli acquirenti ma anche ai piccoli produttori della prima trasformazione.
Oggi più che mai non si può improvvisare. Anche nel rapporto con i piccoli mercati locali, siano essi GAS o GAC, bisogna essere in grado di garantire gli approvvigionamenti: basarsi solo sulla disponibilità dei prodotti e non anche sulla capacità organizzativa e di programmazione crea alla lunga problemi di credibilità. Questo è il terreno del confronto su cui come ALPAA dobbiamo misurarci, se vogliamo dare una prospettiva di reddito ai lavoratori produttori agricoli e accrescere la nostra capacità organizzativa.
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